JOHANN GOTTLIEB FICHTE

Johann Gottlieb Fichte è stato un filosofo tedesco, continuatore del pensiero di Kant e iniziatore dell'idealismo tedesco.
Dopo aver scritto un'opera intitolata Saggio di una critica di ogni rivelazione, in cui esponeva abilmente i principi della dottrina morale kantiana e li applicava alla religione rivelata, Fichte si recò a Königsberg per farla leggere a Kant stesso. Quando un editore pubblicò il lavoro nel 1792, per intercessione di Kant, non vi stampò il nome dell'autore: questo fece sì che lo scritto fosse scambiato per un lavoro di Kant stesso. Quando Kant rivelò l'identità dell'autore, Fichte divenne immediatamente celebre e fu chiamato all'Università di Jena.
Intanto nel 1791, a Danzica, Fichte stava stendendo una difesa degli editti del governo prussiano che limitavano la libertà di stampa e introducevano la censura: nel mentre gli furono però negati i permessi per la pubblicazione del Saggio di una critica di ogni rivalazione. L'indignazione per questa censura fece mutare la posizione di Fichte di fronte agli editti sulla riduzione della libertà di stampa, tanto che nel 1793 pubblicò, anonimamente, la Rivendicazione della libertà di pensiero.

Fichte si propone di dare coerenza e rigore al criticismo kantiano riconducendolo ad un principio fondamentale. Solo così sarà possibile costruire un sistema filosofico che contenga le basi di ogni sapere, cioè della scienza. Un tale sistema sarà appunto Dottrina della scienza, ovvero indagine sulle condizioni che rendono possibile il sapere. Conoscenza trascendentale.

All'origine della coscienza Fichte pone l'intuizione dell'Io, assimilandola all'io penso di Kant e all'intuizione della legge morale kantiana. Questa, come autointuizione, deve essere un atto assolutamente incondizionato, altrimenti non sarebbe il principio primo: è quindi un fondamento che si pone da sé; ed è un atto perché il suo essere è essenzialmente un porsi.

Fichte sostiene che l'io è un processo creativo e infinito che si articola in tre momenti:
regolano questo reciproco rapportarsi di soggetto e oggetto.

  • Tesi: l'io pone se stesso. Si rivela come attività autocreatrice. Ciò che viene comunemente chiamato "cosa", oggetto, non è altro che il risultato di un'attività.
  • Antitesi: l'io pone il non-io. Produce l'altro da sé come oggetto e ostacolo indispensabile alla sua attività.Poiché non esiste pensiero senza contenuto, una coscienza pensante si costituisce come tale solo in rapporto ad oggetti "pensati". Fichte giunge così ad una seconda formulazione, antitesi della prima: «L'Io pone nell'Io il non-Io», in base al principio spinoziano omnis determinatio est negatio («ogni affermazione comporta la sua negazione»).

  • Sintesi: l'io oppone, nell'io all'io divisibile un non-io divisibile. Il terzo principio rappresenta così il momento della sintesi. L'Io assoluto è costretto a porre un "Io" empirico, finito, limitato, e quindi divisibile, da contrapporre al non-Io, anch'esso divisibile. Solo ciò che è infinito, infatti, non può essere diviso.  L'opposizione tra io e non-io non avviene in modo netto, ma in maniera dialettica, tale che essi, pur limitandosi l'un l'altro, si determinano anche a vicenda. 

La natura e il mondo non possono esistere in modo indipendente dall'io, il quale pone il non-io e si determina come io empirico grazie all'immaginazione produttiva.

Il compito dell'uomo è affermare la propria libertà, infatti, il mondo esiste in funzione dell'attività dell'uomo e del suo autoperfezionamento. Privato della vita morale rispetto a quella teorica.

L'uomo ha il suo fine nella società, la quale, ha l'obbiettivo di realizzare la completa unità di tutti i suoi membri grazie alle due leggi morali: 
  • Trattare gli altri come fini e mai come mezzi.
  • Puntare al perfezionamento degli uomini tramite l'educazione, per questo, la missione del "dotto" consistere nel promuovere il progresso culturale e morale di tutte le classi sociali.





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